Ottobre 22 –
Il fascino del vinile è il suo suono caldo, che ti cattura. Il difetto è che basta un’imperfezione nel solco e si incanta e ripete sempre le stesse note.

Il cliente percepisce il nostro lavoro come un vinile. Possiamo rapire un cliente con un’idea, con un’argomentazione ma il rischio è che una «imperfezione» possa non farci arrivare mai alla fine della canzone. Il rischio? Che il cliente alla fine cambi disco.

Quando Wilson, Jeremy Grant o Roubini, mettono in guardia dal crollo dei mercati, ricordiamoci che «la chiamata» potrebbe essere un «solco» difettoso, un’ «eco» della loro visione del mondo; potrebbe essere non una previsione di quello che accadrà ma di quello che, per loro, sarebbe dovuto accadere già da tempo.

Quanto evidenziato sopra ha lo scopo di mostrare che l’esercizio di «prevedere» il mercato è difficile. Di seguito vediamo che, anche quando l’esercizio previsivo ha successo e porta ad un’asset allocation con peso equity negativo …

…non è assolutamente detto che i risultati siano quelli sperati, come dimostra la performance (linea bianca) ottenuta dal gestore che aveva implementato l’asset allocation del grafico precedente: si nota molto più l’importanza dei draw-down che della performance.

Perché questa lunga parentesi? Per ribadire, anche io in questo senso sono un disco rotto, che:
- Cercare un ritorno degli investimenti attraverso uno stile di gestione basato su considerazioni macroeconomiche è difficile.
- Non identificare correttamente quali asset acquistare, può vanificare anche un’asset allocation costruita su previsioni macro corrette (cioè che non siano semplice trasposizione del tipo «avverrà perché sarebbe già dovuto accadere»).
- Tutte le idee portate avanti nel tempo hanno momenti in cui suonano come dischi rotti.
- Verificare la coerenza delle performance rispetto alle idee sottostanti aiuta a comprendere meglio la correttezza di queste ultime e a non «cambiare disco»
- Le idee non sono altro che un insieme di titoli omogenei e alla fine saranno questi che determineranno la maggior parte della performance del vostro portafoglio, non l’asset allocation (che serve a delimitare la magnitudo).
Ecco perché anche questa volta, come già accaduto in passato, verificheremo con voi se possiamo ancora investire nella tecnologia statunitense in generale e sul fenomeno dell’ elettromobilità in particolare, malgrado la FED, malgrado l’ inflazione, malgrado i timori di recessione e malgrado quello che dicono Morgan Stanley e Jeremy Grantham.
Perché non abbiamo paura della FED? Perché la FED è in campo per assicurare il successo del capitalismo statunitense e poi perché la relazione tra recessione e innalzamento dei tassi di interesse non è così lineare come viene raccontato. Prendete lo spauracchio «Volcker» ad esempio.

Lo vedete il periodo di Paul Volcker alla FED (1979-1987)? Nessuna recessione avvenne fino al 1992.
Quando la FED decide di alzare i tassi dicendo che qualcuno si farà male (come ha detto Powell a Jackson Hole) sicuramente quel qualcuno non sarà tra quelli in grado di minare le potenzialità dell’economia reale Usa, anzi il contrario, come dimostra l’andamento del Pil reale Usa.

E che le banche centrali non siano uguali e che il loro sostegno alla crescita non sia scontato, malgrado possa sembrare che portino avanti le stesse politiche, lo dimostra questo grafico. Sono i dettagli che fanno la differenza.

Ad esempio, nel 2007, i destinatari della stretta FED erano il mercato immobiliare e le famiglie americane: il primo caratterizzato da una bolla del prezzo degli immobili, il secondo soggetto ad una esposizione finanziaria eccessiva.
Chi si doveva fare male erano le famiglie e l’obiettivo era chiaro.

Ricomporre lo stock di ricchezza. La Fed voleva evitare che il sistema capitalismo statunitense imboccasse il sentiero pericoloso dove le rendite sostituiscono il reddito, sentiero caratterizzato o da una quota di ricchezza immobiliare (linea bianca del grafico sotto) sul totale superiore al 50%,

o da un rapporto Ricchezza complessiva / Reddito che si scosta troppo dal suo trend di medio periodo.
In altre parole la FED non voleva, NON VUOLE, che il capitalismo si trasformi da un modello D-M-D in un modello D-D.

Il Debito non genera crescita laddove ha finanziato investimenti immobiliari. Gli immobili non generano nuova produzione. Non sono investimenti, sono forme di conservazione della ricchezza.
L’economia basata sugli immobili trasforma i redditi in rendite.

Il sistema capitalistico genera inevitabilmente disuguaglianze e debito: è necessario per l’accumulazione del capitale. Purtroppo é vero altresì che l’accumulazione può essere di due tipi: di capitale produttivo (quello che determina l’innalzamento dell’asintoto della crescita potenziale) e di capitale che genera rendite (finanziarie o immobiliari).
La gestione della moneta e del tasso di interesse di una Banca Centrale ha come fine che l’accumulazione sia del primo tipo e non del secondo.
“…il fatto che perfino un’accumulazione di debiti possa apparire come accumulazione di capitale, manifesta nella sua pienezza il capovolgimento che avviene nel sistema creditizio. Questi titoli di credito (…), esercitano, per chi li possiede, la funzione di capitale, in quanto sono merci vendibili e perciò possono essere ritrasformati in capitale…”. K.M.

Se anche il rialzo dei tassi dovesse portare a quel -10% dello stock di ricchezza, non siamo come nel 2002 dove i valori azionari erano in bolla (mentre gli immobili non lo erano) e non siamo nel 2007, dove la bolla immobiliare era in concomitanza con un elevato debito delle famiglie. Se 10% di calo dello stock di ricchezza sarà, allora dipenderà in gran parte dal calo del valore degli immobili.

Ecco le parole di Powell:

Ecco cosa ha spaventato Powell:

La manovra della FED avrà successo e, ancora una volta, avremo quella ricomposizione organica del capitale che dà agli Usa un vantaggio competitivo dal 1995 ad oggi.

Il capitale inteso come mezzo per accrescere la produzione di beni e servizi, ecco il segreto degli Stati Uniti.

Quella ricomposizione organica del capitale in Europa non è mai avvenuta, proprio perché non abbiamo mai avuto, e non abbiamo tuttora, una Banca centrale che, nel decidere di alzare i tassi, mette in conto che qualcuno si farà male.

Gli investimenti in edilizia residenziale (sul totale PIL) in Italia sono sempre stati il doppio di quelli statunitensi. Anche le politiche fiscali hanno sempre favorito, con tassazione e con incentivi (110%) questa tendenza.

Ecco perché riteniamo che la dinamica degli utili delle società statunitensi non sia mera espressione della politica monetaria.

Il capitalismo è in una fase di trasformazione: siamo in un punto di rottura alla ricerca di un nuovo equilibrio.

La tecnologia consegnerà un futuro con meno vincoli e più benessere (a chi sarà in grado di coglierlo)
«La convergenza di fattori» che rende possibile il passaggio dell’economia occidentale ad un nuovo punto di equilibrio sono le tecnologie disruptive nei settori:
- Trasporto
- Energia
- Alimentare
e da come stanno cambiando e cambieranno la redditività e l’uso del capitale investito da parte delle imprese.
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