Coraggio e investimenti: come superare la paura del cambiamento.

Febbraio 2023

Oggi le economie sono in una fase di transizione storica, simile alla rivoluzione industriale di inizio ‘900. I cambiamenti epocali che abbiamo di fronte ci impongono di concentrarci sul come e quando cogliere le potenziali opportunità offerte dal mercato azionario.

Il capitalismo è in una fase di trasformazione: siamo in un punto di rottura alla ricerca di un nuovo equilibrio.

Considerando che l’Asset management è un settore che ha a che fare, nella maggioranza dei casi con età superiori ai 50 anni o del gestore o del cliente o, peggiore dei casi possibili, di entrambi,

dover gestire i risparmi dei clienti presenta un altissimo grado di difficoltà, ossia quello di gestire l’alterata percezione del rischio (propria ed altrui), dovuta all’età, contestualmente ad un momento di «cambiamento» che modifica e ribalta il concetto di rischio come noi lo conosciamo. La tabella seguente ne è un classico esempio: nel 2022 un BTP a 5 anni ha avuto una perdita simile a quella di un indice azionario.

Per chi è amante delle massime alla Warren Buffet, la «Regola del 100» è di aiuto per vincere le paure perché ci dice che a prescindere dall’età dell’investitore, il peso azionario non dovrebbe essere MAI inferiore al 19,9% (uomini) o al 15,3% (donne).

Per noi che abbiamo cominciato l’anno convinti che, finalmente, le attuali valutazioni offrano rendimenti di lungo periodo attraenti, il leggere molti outlook prudenti è fonte di disagio. Purtroppo la “Regola del 100” non basta a tranquillizzarci. Scopo di questo report sarà quindi affrontare razionalmente le paure sottostanti a quegli outlook negativi per scoprire se siano o meno reali.

Il titolo dell’outlook 2023 di Jeremy Grantham (84 anni) è perentorio: «sta per rimettersi in funzione il tritacarne!». In giallo le sue paure che, come avremo modo di vedere sono più o meno le stesse di Blackrock.

Partiamo dal primo punto: declining population. Questo è un aspetto importante ed anche Blackrock, nel suo outlook 2023 lo cita come fattore negativo di lungo periodo

Per noi è una paura immotivata. La realtà è diversa. Il PIL reale negli USA (linea gialla) dal 1 gennaio 1994 ad oggi è cresciuto del 92%. In linea con l’incremento della produttività (output per ora lavorata) e della Forza Lavoro (linea rossa).

Se quella linea rossa la scomponiamo per vedere il contributo delle due componenti, ossia crescita forza lavoro e crescita produttività, notiamo subito come il timore di una crescita bassa derivante da una forza lavoro che si restringe è immotivato: il grafico che segue infatti ci mostra che il raddoppio del Pil dal 1994 ad oggi deriva da un +28% del numero degli occupati e da un +74% della produttività per occupato. I 2/3 della crescita degli ultimi 30 anni sono quindi spiegabili dall’aumento della produttività e non dalla forza lavoro.

Altra paura sottolineata da Grantham è l’inflazione ed il perché lo spiega bene Blackrock. Per Blackrock “…..get inflation back to 2% targets by crushing demand down to what the economy can comfortably produce “now” …”

Qua la paura, a nostro avviso, nasce da una duplice errata valutazione di Blackrock. La prima è che l’output potenziale dell’economia statunitense è, secondo noi, di un 10% superiore e non, come dice Blackrock, di un 5% inferiore rispetto ai livelli attuali.

La seconda è che Blackrock calcola il gap di produzione che avremmo avuto qualora gli stimoli monetari si fossero tutti tradotti beni reali e non in grandezze monetarie. L’estimated non inflationary GDP level è del tutto teorico perché l’inflazione c’è già stata e quel gap che per Blackrock deve essere chiuso attraverso manovre restrittive della Fed in realtà si è già chiuso, come si vede dal grafico sottostante.

Quello di Blackrock è lo stesso errore che compie Jeremy Grantham quando prevede che la prossima recessione sarà severissima. Entrambi non tengono conto che quell’excess saving è già stato riassorbito dall’inflazione e non c’è bisogno che la FED debba disciplinare il consumatore.

A riprova di quanto diciamo mostriamo l’andamento dell’inflazione dei beni: la media bimestrale annualizzata dell’inflazione dei beni è oggi al -7,9% ed è rientrata nella fascia di oscillazione di lungo termine già a partire dal luglio del 2022.

Riguardo poi alla curva invertita, anticipatrice al 100% di recessione in 7-8 mesi? Il 100% (dopo il 1968, prima è lo 0%) sono 6 casi. Non credo che l’inversione del 03/89 fosse premonitrice dell’invasione del Kuwait e quella del 09/19 del Covid 19. Quella del 12/2000 è un errore perché non ci fu recessione. Il 100% diventa 50%.

Altra paura è quella sulla fine della grande moderazione salariale che ha ripreso fiato dopo il dato sugli occupati di gennaio.

La dinamica di 50 anni di PIL Usa ci dice che non importa se aumenta il monte salari complessivo (+ occupati o + salari), l’importante è che, nel complesso, gli aumenti corrispondano ad un aumento della produzione complessiva (+ produzione reale + produttività). Il grafico ci mostra che l’attuale dinamica Salari-occupati non è inflazionistica

Per capire se l’inflazione rimarrà sotto controllo è inutile scrutinare giornalmente i dati sugli occupati o sulle retribuzioni. Dobbiamo piuttosto concentrarci trimestralmente sui dati relativi a produttività e produzione reale. Quelli di dicembre sono stati ottimi e dovrebbero deporre per una dinamica degli utili aziendali in crescita.

I dati di dicembre lasciano presagire che nel 2023 avremo un recupero dell’attività produttiva e con essa un aumento del Pil reale di circa un 3%, di cui 2,9% derivante da aumento di produttività. Questo lascerà tranquilla la FED; ci aspettiamo infatti un Pil nominale tra il +5% +6%

L’ultima paura di Grantham, quella su un calo del mercato immobiliare, la condividiamo. Sicuramente la Fed agisce proprio per evitare che l’investimento immobiliare prevalga su quello di beni di produzione, lo abbiamo detto più volte. Ma la paura di un altro 2008 secondo noi nasce «…..da una percezione alterata della realtà» dovuta all’età.

Non solo infatti il debito complessivo delle famiglie è ben sotto il livello del 2007 ma, anche la quota della ricchezza immobiliare delle famiglie è oggi al 28% contro il 34% del 2007 e con in più la differenza sostanziale che nel 2007 il mercato azionario era ai massimi, oggi è un 20% mediamente sotto i massimi.

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Questo articolo ha 3 commenti

  1. Luca

    E’ sempre interessante quello che scrivi.
    Una domanda: poco tempo fa parlavi di un dollaro intorno alla parità con l’euro.
    Se la dinamica inflattiva in America corrisponde alla tua idea, diversa dal mainstream, questo non dovrebbe indurre la FED a minori rialzi dei tassi e quindi favorire l’euro?
    Ciao!

    1. komorebiinvest

      Ciao Luca.
      credo che il differenziale di inflazione tra Europa ed Usa rimarrà positivo (negli Usa prevediamo un tasso medio 2023 in area 3,5% mentre nell’area Euro del 5%).
      Quando la BCE prenderà atto di questo, potrà agire in due modi:
      1) pilotare i tassi reali in territorio positivo e questo credo possa innestare una crisi del debito dei periferici area Euro che sarebbe favorevole al Dollaro (come accadde tra il 2011 ed il 2012 col dollaro che passò da 1,5 a 1,2)
      2) continuare a rimanere dietro la curva con tassi reali pesantemente negativi e, anche in questo caso, la conseguenza sarebbe un apprezzamento del Dollaro.
      In altre parole credo che un restringimento del differenziale tassi (tra Usa ed Eu), paradossalmente, giochi a sfavore dell’Euro in quanto potrebbe metterne in luce le debolezze intrinseche (che hanno origine nella sua costituzione).

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