ovvero quello di un titolo che decuplica in 10 anni ma viene odiato da analisti ed investitori istituzionali.
Aprile 2023 –
Premetto subito: non mi sento un fanatico seguace di Elon Musk.
Anzi, ad essere sincero, fino al 2017 il fenomeno Tesla era fuori dai miei radar. Vedevo la performance stellare del titolo ma ero troppo intento alle mie analisi macro per “sprecare il mio tempo” per cercare di capire le ragioni dietro a quel rialzo. Tesla era, fino ad allora, uno dei tanti titoli che salivano all’impazzata e su cui mai, proprio per la loro volatilità, mai, dicevo, avrei investito. Eppure, c’era una cosa che mi incuriosiva. Tesla era l’unico titolo su correvano giornaliere sbavature di odio. Mi spiego meglio: Tesla aveva i suoi fans, gli adepti, i Tesla bulls, ma questo lo trovavo normale. È chiaro che un titolo che decuplica abbia una pletora di ammiratori.
Quello che trovavo strano era l’atteggiamento bizzoso e talvolta incoerente di investitori blasonati, stampa, day traders pronti a sparare a zero sul titolo e sul management. Chipote, Apple, Netflix erano decuplicati, ma mai avevo sentito parlare di Apple bears, Netflix bears, Chipote bears. È grazie al fenomeno dei Tesla bears (la cui esistenza stessa mi sembrava un controsenso per un titolo che aveva decuplicato), che misi da parte, nel 2017, lo studio dei tassi e dei comunicati Fed per studiare il fenomeno Tesla. Ancora oggi li ringrazio.
A distanza di 6 anni, rimango ancora colpito dalle sbavature di odio contro quello che ho, dopo anni di studio, capito essere la sintesi perfetta di cosa vuol dire capitalismo, l’esempio più fulgido di quale sia la sua funzione e di come possa renderci tutti più “ricchi”.
Oggi, come allora, non mi stupisce chi sostiene sempre e comunque Tesla ed Elon Musk ma ciò non toglie che continui a cercare di capire se dietro all’odio viscerale di chi non ha mai comprato il titolo esistano delle ragioni concrete, dei campanelli di allarme e non il semplice fatto di non voler ammettere di aver sbagliato.
19 aprile. Escono i dati di Tesla e si scatena l’inferno: -10% malgrado un utile per azione e ricavi in linea con le attese e la reiterazione dei target a lungo termine. Ci poteva stare? Sì, Tesla ed Elon erano attesi al varco dal partito dei Tesla bears, di fatto ridotti oramai a “vettori di un pensiero unico” così sintetizzabile:
[…] Vendete TESLA […]: i multipli a cui quota questo colosso, creato ad hoc dall’industria finanziaria, non trovano fondamento alcuno […] Il titolo dovrebbe quotare sotto 50 USD, se non a 35 USD.
Il problema di Tesla è che la società non vende quanto vorrebbe. … In qualsiasi mercato, qualsiasi, i saldi si fanno quando la domanda non c’è. Se c’è la domanda, si continua a vendere a prezzo pieno, salvaguardando i margini. Non dobbiamo farci raggirare dalle capacità oratorie di Elon Musk o dalle sue (infinite) tecniche per nasconderci la verità. … La società ha prodotto 440.808 auto nel trimestre e ne ha vendute 422.875 aumentando lo stock di scorte di auto di altre 18.000 auto che si aggiungono a quelle accumulate nei trimestri precedenti, per un totale di 78.000 auto invendute … Questo significa che la domanda non c’è.
E la marginalità? Ovviamente scende. Molto. I numeri sono preoccupanti. Se non si trattasse di Tesla e si trattasse di una società “normale”, non mitizzata come lo è Tesla, gli analisti avrebbero affossato il titolo e abbassato drasticamente le stime.
Lo ripeto, non sono un fanatico di Tesla, ma sono un fanatico del lessico. L’irritazione che mi ha provocato la lettura di queste righe non dipende dalle argomentazioni (superficiali ed errate, ma a quelle arriveremo tra poco) ma da frasi del tipo:
“…colosso, creato ad hoc dall’industria finanziaria”
“… Non dobbiamo farci raggirare dalle capacità oratorie di Elon Musk”
“…dalle sue (infinite) tecniche per nasconderci la verità”.
Dire che Tesla è un colosso creato ad hoc dall’industria finanziaria significa implicitamente insinuare l’idea che sia una società scollegata dall’economia reale, una sorta di Enron dei tempi nostri. Frase che ignora un dato di fatto importante. Tesla è un colosso perché è la società che nel suo settore (e non solo) non ha rivali sull’unica variabile che muove il capitalismo, su cui si fonda il capitalismo, ossia la produttività.
E questo non lo dico io ma lo dice Morgan stanley:

Dire che non dobbiamo farci raggirare da Elon Musk significa implicitamente dare dell’impostore (vedasi definizione Treccani) a un grande imprenditore dei nostri tempi e del babbeo a chi investe (centinaia di migliaia di persone, presumo) nella sua società.
Ero pronto ad abbandonare la lettura dopo questa manifestazione di “ego”, senza entrare nel merito delle argomentazioni, ma ho capito che dovevo continuare quando ho letto che le infinite tecniche per nascondere la verità, messe in atto da un uomo, Elon Musk, erano state scoperte e messe a nudo dall’autore dell’articolo. Questa frase ha trasformato la mia irritazione in sorriso e sono andato avanti per capire i punti critici su Tesla come azienda e Tesla come investimento.
Critica numero 1. Le scorte aumentano perché Tesla non vende.

Il fenomeno delle scorte di Tesla è un fenomeno che deve preoccupare? No, e basta andare su Investopedia per capirlo


Applichiamo la formula ai dati di Volkswagen:

Dal 2009 al 2018 domanda forte, il ratio aumenta. Dal 2019 ad oggi domanda debole, il ratio diminuisce. Nel 2020 l’aumento del rapporto sotto Covid non segnala una forte domanda ma scarsità di scorte. Tutto chiaro e cristallino come da Investopedia.
E Tesla?

I numeri ci dicono il contrario di quello che riferiva il detrattore. Il rapporto totale costo dei beni venduti / scorte aumenta e la linea gialla ci conferma che l’aumento è sintomo di un forte andamento delle vendite ed, eventualmente, di un livello di scorte troppo basso! Stai a vedere che questi due anni di Tesla sono l’inizio di un trend decennale (come il biennio 2009-2010 di Volkswagen)!
Critica numero 2. La domanda cresce del 24% rispetto ad un target del +50% che è irrealizzabile.
So che il dato lo conoscete ma lo mostro ugualmente. Nel Q1 2023 Tesla ha venduto 422.000 autovetture mentre nel Q1 2022 ha venduto 310.000 autovetture +36%. Se guardiamo invece i dati sulla produzione, sono rispettivamente 440.000 e 305.000 ,+ 44%.

Visto quello che abbiamo detto in precedenza sul livello delle scorte, (ossia che il loro livello è in linea con i dati di produzione e vendita) possiamo tranquillamente dire che la domanda c’è ed è cresciuta ad un tasso compreso tra il 36% ed il 44% annuo (a seconda di come valutiamo le scorte).
Dire che la domanda è cresciuta del 24% è un errore, sono i ricavi ad essere cresciuti del 24%. La domanda si misura in unità vendute, non in dollari e i numeri dicono che la domanda è vibrante. I dollari servono per misurare il margine di profitto. I ricavi non servono per misurare la domanda ma servono per misurare i margini.
Confondere i ricavi con la domanda è un errore che contrasta con il postulato alla base del concetto stesso di capitalismo, ossia la produzione di massa.
Il capitalismo nasce ai primi del 1900 e la sua finalità è perseguire la produzione di massa, ossia sostituire un sistema che produce 100 unità, a mano, che costano 1.000 dollari e vengono vendute a 2.000 dollari con un sistema che produce 10.000 unità del medesimo bene ad un costo di 100 e vendute a 120.
Critica numero 3. I margini scendono di molto.
“I margini scendono e molto. I numeri sono preoccupanti. Se non si trattasse di Tesla e si trattasse di una società “normale”, non mitizzata come lo è Tesla, gli analisti avrebbero affossato il titolo e abbassato drasticamente le stime.”
Riprendiamo l’esempio sopra. La domanda passa da 100 unità a 10.000 unità proprio perché il prezzo scende da 2.000 a 120. Ed il prezzo può scendere da 2.000 a 120 proprio perché i costi di produzione scendono da 1.000 a 100.
I Margini Unitari passano da 1.000 per unità a 20 per unità venduta.
Il margine percentuale passa dal 100% al 20%.
Un disastro?
No!!
Il profitto totale passa da 100.000 a 200.000!
Il passaggio di un prodotto ad una economia di massa necessita di tempo e produce sempre maggiori assoluti utili passando per una riduzione dei margini percentuali. Per brevità nell’esempio sopra abbiamo indicato solo il punto di partenza e quello di arrivo di questo passaggio.
Nel mondo reale, anche con la certezza che il punto di arrivo sarà quello, supponiamo dopo 10 anni, nessun imprenditore investirebbe al tempo zero per avere “immediatamente” una capacità produttiva di 10.000 unità. Lo farebbe nel corso dei nove anni successivi cercando di non eccedere (o deficere) negli investimenti alla luce delle variabili macro (i rialzi dei tassi le recessioni, vere o temute, etc etc) e delle oscillazioni contingenti della domanda. Passare dalla partenza all’arrivo richiede, nei periodi dal 2 al 9, un continuo check and balance per cercare di aumentare la produzione e diminuire i costi fissi, mantenendo un cash flow positivo per alimentare gli investimenti. Solo chi si presenterà al tempo T+10 con un costo di prodotto a 100 sarà vincente e godrà della moltiplicazione dell’utile.
Ecco perché preoccuparsi oggi del calo dei margini di Tesla è assurdo a meno che:
a) non si pensi che per quel bene il passaggio ad un mass market sia impossibile (nel nostro esempio si contesta che il valore del mercato complessivo di quel bene possa passare da 200.000 (2000 x 100) a 1.200.000 (10.000 x 120);
b) non si pensi che anche in presenza della condizione a) il player in questione non abbia un prodotto in grado di competere in quel mercato;
c) tecnicamente una riduzione dei costi per quel bene non è possibile perché ha già raggiunto il massimo delle economie di scala possibile.
Sul punto a) bisogna essere chiari. Nessun Tesla Bull pensa che il mercato delle auto decuplicherà, anzi. Siamo tutti convinti che il numero complessivo delle auto prodotte annualmente diminuirà dagli 80 mln attuali ad un valore a tendere di 60 mln. Quello di cui siamo convinti, però, è che, progressivamente, nei prossimi 10 anni, le vendite di auto a combustione tenderanno a zero. I motivi stanno nella superiorità del prodotto e nella sua convenienza come costo di percorrenza al Km per l’utilizzatore finale.
Tesla, quindi, decuplicherà le unità vendute a scapito degli attuali produttori di auto a combustione che, loro sì, ricadranno nel caso b). Ecco perché trovo sbagliato paragonare i P/E di Volkswagen con quello di Tesla. Nel mass market delle auto elettriche Volkswagen non ci sarà, Tesla sì.

Il Grafico delle vendite di Tesla conferma che la società è in linea con gli obiettivi di vendita, che le vendite attese per quest’anno sono di 1.940.000 dato al limite della capacità produttiva degli impianti.

E, alla luce di quanto detto sopra, ci dice che i margini di Tesla vanno giudicati non per la loro derivata prima (ossia la loro variazione) ma per il loro valore assoluto.



E questo perché adesso quei margini servono e devono essere utilizzati per abbassare ancora i costi di produzione per aumentare la domanda unitaria. Quando guardiamo la redditività di Tesla dobbiamo analizzare i costi di produzione più dei ricavi. È lì che si gioca la partita.
Vediamo allora l’analisi dei costi. Questo è quello che Tesla ha dichiarato al suo investor day:


Questo sotto, invece, il grafico che ho costruito per ricavare, trimestre dopo trimestre, l’andamento del costo unitario di produzione (delta costo / delta produzione) e capire l’andamento delle economie di scala.

La mia analisi conferma perfettamente il dato dichiarato da Tesla, ossia -30% del costo di produzione dal 2018 ad oggi, e questo è importante perché la linea di tendenza proietta un costo di produzione, dal 2027 in poi, al di sotto dei 20.000 dollari in linea con il -50% dichiarato come obiettivo sempre da Tesla.
Critica numero 4. Tesla è valutata troppo generosamente, deve perdere il 70%.
Se le proiezioni sono giuste, e sino ad ora lo sono state, nel 2027 Tesla potrebbe avere una produzione annua di 7 mln di veicoli, un prezzo base di vendita unitario di 27.000 dollari ed un costo di produzione appena sotto i 20.000 dollari.

La quotazione Target, ipotizzando di pagare 15 volte EBITDA è di 1 trilione di dollari ossia 300 dollari per azione.
Vi sembra tanto vero? Fa molta più impressione dire 300 dollari che 35 dollari!
Eppure, provate per curiosità a verificare, numeri alla mano, le ipotesi sottostanti ad una quotazione di 35 dollari e quel punto capirete chi è il vero estremista tra un Tesla bull ed un Tesla bear.
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