Una di queste foto è relativa al più grande investitore degli ultimi 20 anni.
Sapreste dirmi chi è, secondo voi?

Ecco le performance di Tony Seba: dal 2005 ad oggi + 2500% con un portafoglio di 15 titoli Usa equipesati selezionati attraverso un’analisi dell’effetto disruptive dei loro prodotti sull’economia e sulla base di un’ipotesi di lavoro semplice: nell’economia del futuro, «winner takes all».

Ecco le performance di Bridgewater pure alpha di Ray Dalio: +1,5% annuo dal 2012 al 2022 sulla base di un non meglio specificato «accumulated understanding of how to best time markets and capture risk premium»

Ecco le performance di Buffett: dal 2005 ad oggi batte di 47 punti l’indice S&P500 grazie al mancato rispetto del 99,9% delle sue «massime» ed al mancato rispetto di una delle pochissime regole inderogabili di un qualsiasi portafoglio UCITS: la eccessiva concentrazione degli investimenti.

Provate a ricalcolare il rendimento di Berkshire, senza quel 50% di Apple. Senza i 108 mld di maggiori plusvalenze (di Apple rispetto ad S&P500 dal 2018 ad oggi) il Nav di Berkshire non sarebbe di 749 mld di dollari ma di 641 mld.

La performance di Berkshire, sostituendo le azioni Apple con un investimento in S&P500, sarebbe stato non del 485% dal 2005 ad oggi ma del 380%

Lo scopo delle slides precedenti, ovviamente, non è quello di «emettere» un giudizio di valore su Buffett e su Ray Dalio, ma quello di sottolineare, ancora una volta, due principi fondamentali.
Il primo è che:

non funziona.
Da Ray Dalio dobbiamo capire che le performance non si ottengono cercando di fare Time market. Negli ultimi 11 anni ci ha provato a trovare il giusto time to market ed i risultati sono negativi.
Sicuramente non sono io depositario della conoscenza su come si generano le performance ma i dati dimostrano che il time the market non funziona.
Ecco perché quando leggiamo articoli come questi dobbiamo ripetere 10 volte: «negli ultimi 11 anni rendimento di 1,5% annuo rispetto al +9% annuo di S&P500»

Il secondo principio che dobbiamo interiorizzare è che, negli ultimi 20 anni, quello che ha salvato la performance del paladino dei gestori value è un titolo growth.
Si, uno di quelli con … «P/E sopra 30 e P/B improponibile»
Quello che dobbiamo interiorizzare è che il periodo in cui il concetto di investitore value poteva essere banalizzato e ridotto ad una massima del tipo:

è finito.
Dobbiamo interiorizzare che «essere value» non significa andare a cercare i laggards del mercato (Giappone, Small cap, Europa, Banche, Emergenti), rincorrere fantomatiche rotazioni settoriali, puntare sul mean reverting di trend e di utili. Il mean reverting funziona bene solo dove il capitalismo funziona male. Dove il capitalismo funziona bene, «winners take all».
Essere value oggi significa guardare e capire cosa c’è oltre il parabrezza.
Ecco perché quando leggiamo articoli come questi dobbiamo ripetere 10 volte: «negli ultimi 18 anni -58% rispetto a S&P500».

Guardare oltre al parabrezza significa comprendere che oggi S&P500 e Treasury 2040 offrono le condizioni mercato tra le più favorevoli dal 2008 ad oggi. Da molto prima, se teniamo conto delle prospettive di aumento degli utili offerti da un indice come S&P500 (con un peso di IT pari al 30%).

Guardare oltre al parabrezza significa vedere che l’economia Usa non è alle prese con una spirale inflazionistica ma che l’impulso monetario (money for nothing) dell’epoca Covid è già stato riassorbito.

E che è solo questione di tempo ma, alla fine, assisteremo ad una linea verde (prezzi al consumo) che si adegueranno alla linea bianca (indice prezzi pagati Ism servizi)

Guardare oltre al parabrezza significa capire che quello che vedi nello specchietto retrovisore, non è un concorrente che hai superato, ma uno che ti sta per sfrecciare davanti o un competitor che ti sta per annientare.

Ovviamente, questo non significa essere immutabili indipendentemente da quanto accade intorno, ma mantenere coerenza nelle idee gestendo al meglio il contesto.
Da anni diciamo le stesse cose, ma l’evoluzione del peso azionario netto dei prodotti Absolute che seguiamo sono un esempio concreto che guardare oltre il parabrezza non significa necessariamente essere immobili come una roccia.

I risultati di Seba, Dalio, Buffett, ci insegnano che il mondo di oggi non è mean reverting, ma un ambiente in cui «winner takes all». In questo contesto la riduzione del rischio di portafoglio si fa sempre andando short dei perdenti o riducendo il peso dei vincenti, mai andando long dei perdenti e short (o sottopeso) dei vincenti.

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